RESISTENCE-1-768x705La stampa e la diffusione di giornali clandestini sono stati un tratto comune a tutti i movimenti che in Europa si sono battuti contro l’occupazione nazista. Anzi, si può dire che sono stati uno dei tratti unificanti della Resistenza europea. Lo stesso termine venne veicolato, dopo lo storico appello del generale De Gaulle del 18 giugno 1940, proprio da un giornale clandestino, Résistence, stampato tra il dicembre del 1940 e il marzo del 1941 dal gruppo che si formò intorno al linguista Boris Vildé, all’antropologo Anatole Lewitsky e alla bibliotecaria Yvonne Oddon all’interno del Musée de l’homme di Parigi diretto da Paul Rivet.

Il crollo delle strutture politiche e militari degli stati occupati aveva messo in evidenza soprattutto l’inadeguatezza della classe dirigente europea nel fronteggiare i problemi storici che avevano sottoposto a fortissime tensioni i sistemi liberali al termine della prima guerra mondiale. Dunque, la sfida principale da raccogliere era riuscire a costruire intorno al patrimonio di idee e di visioni del mondo che si opponevano frontalmente all’ideologia nazista un modello di convivenza umana in grado di mobilitare tutte le articolazioni delle società europee.

Lo strumento principale attraverso cui si svolse questo processo fu proprio la stampa clandestina. Raccontando quello che stava avvenendo in opposizione alle verità ufficiali dell’occupante, riflettendo sulle ragioni ultime della lotta, rivedendo criticamente gli snodi delle storie nazionali, sostenendo la volontà di prendere in mano il proprio destino come condizione indispensabile per un futuro finalmente emancipato dalle diseguaglianze più insopportabili, prendevano via via forma i contorni di una nuova classe dirigente. La pluralità dei gruppi e delle prospettive che animavano la Resistenza si rispecchiava nella pluralità dei giornali e delle pubblicazioni, che imparavano a competere e a confrontarsi rispettando i punti di vista altrui senza compromettere l’accordo fondamentale che sosteneva lo sforzo comune.

Ciò era tanto più vero in Italia. Sfogliando le collezioni che troverete riprodotte all’interno di questo sito, potrete ripercorrere le tappe che hanno segnato la rinascita della libertà di stampa, che sarebbe stata sancita dall’articolo 21 della Costituzione repubblicana, che riprende, stabilendone in modo più circostanziato le garanzie, l’articolo 28 dello Statuto albertino. Dopo vent’anni di regime, che non soltanto aveva limitato con la violenza l’accesso all’arena della partecipazione politica, ma aveva anche pesantemente compresso gli spazi della vita sociale, la voglia e il gusto di riappropriarsi della libertà di esprimere le proprie opinioni diventano il simbolo del ritorno a forme di convivenza civile costruite insieme agli altri.

Tornare allo studio delle fonti

La scelta di riprodurre le collezioni dei giornali clandestini custodite negli archivi dei nostri Istituti non è mossa soltanto dall’intenzione di rivisitare uno dei luoghi cruciali della Resistenza, ma nasce dalla riflessione che sia giunto il momento di tornare – e, in qualche caso, iniziare – a studiare i documenti. Il prossimo anno cominceranno le celebrazioni del settantesimo anniversario della Resistenza, in cui, verosimilmente, verranno ripercorsi gli avvenimenti che dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 hanno segnato la nascita dell’Italia contemporanea. Settant’anni cominciano a essere un arco temporale significativo, che consente di incominciare ad acquisire una prospettiva storica svincolata dalle contingenze della quotidianità. Alcuni scenari sono mutati in modo significativo, altri processi si stanno invece rivelando direttrici di fondo durature. Stanno mutando le sensibilità e le domande attraverso le quali ci rivolgiamo al passato. Ma soltanto confrontandosi con le fonti sarà possibile verificare la consistenza dei nuovi paradigmi interpretativi, in grado di innervare in modo convincente il dibattito pubblico. Soprattutto in questa arena, appare sempre più evidente che il dibattito intorno al significato della Resistenza e della sua eredità avvenga senza più alcun riferimento alla concretezza del fenomeno storico.

Le risorse che la tecnologia informatica mette a disposizione ci sono apparse un’ottima opportunità per permettere a un pubblico più vasto di quello degli studiosi di avere accesso al patrimonio documentale raccolto in ormai quarantacinque anni di lavoro dai nostri Istituti, con la speranza che altri Istituti con patrimoni archivistici anche più ingenti dei nostri si aggiungano all’impresa. Crediamo sarebbe un contributo significativo nel percorso verso il settantesimo, che salda le ragioni della ricerca storica con le ragioni della diffusione della conoscenza dei fondamenti della nostra democrazia. In fondo, la ragion d’essere degli Istituti storici della Resistenza.

Giovanni Cerutti.

 

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